giovedì 27 dicembre 2012



IL FUOCO DELLA TRADIZIONE


Le origini dei falò rimandano ad un’ancestrale ritualità coincidente con il solstizio d’inverno che creava ansia e timori nell’uomo, causati dall’affievolirsi della luce del sole, fonte di calore e vita. Per aiutare l’astro a recuperare il vigore, si accendevano grandi fuochi, i quali avevano molteplici funzioni: simboleggiavano la purificazione dal peccato originale e venivano utilizzati anche per bruciare tutto ciò che di negativo aveva caratterizzato il vecchio anno.

Un chiaro riferimento alla simbologia dei falò, lo troviamo anche nella letteratura. La luna e i falò di Cesare Pavese richiama perfettamente al ciclo delle stagioni che affianca tutte le vicende del destino dell'uomo.
Nel racconto, sul piano simbolico, ai falò dell’infanzia accesi di notte durante le feste contadine  - che simboleggiano  fertilità ed abbondanza dei raccolti  -  si contrappongono altri falò che comportano per il protagonista la perdita delle illusioni e la decisione di bruciare  il proprio passato. Infatti la casa della sua infanzia è bruciata dallo stesso falò che nei suoi ricordi illuminava le notti estive e rappresentava un grande momento di speranza nel futuro.

In diversi punti della Calabria, lo spettacolo dei falò è suggestivo.

A Fronti (Cz), nella notte della vigilia di Natale, è tradizione, come in molti altri paesi della Calabria, accendere un grande falò che arde per tutta la notte e spesso per tutta la giornata di Natale.
Un tempo, era usanza lasciare la legna per la “focara” davanti casa: i giovani giravano per raccoglierla e se non ne trovavano, a volte, la rubavano al padrone di casa, insensibile alla tradizione popolare. Veniva raccolta già molti giorni prima, ammucchiata nella piccola piazza antistante la chiesa, con l'aiuto di "carri", costruiti dagli stessi ragazzi con tavole e cuscinetti a sfera. Tutti i "Fruntari" o quasi, contribuivano nel dare un po’ di legna da ardere: "I ligna ppè lla focara de Natale" (la legna per il falò di Natale).

La popolazione si recava in chiesa per la Santa Messa della vigilia di Natale, al termine della quale, quasi alla mezzanotte, si assiepava intorno alla "focara" per assistere all'avvio delle fiamme, per poi organizzare canti natalizi e balli al suono dell'organetto e dell'armonica.

Le persone restavano intorno al fuoco, alternandosi nel compito di rinvigorire le fiamme fino all’alba, quando ormai stanchi ed assonnati, rincasavano soddisfatti e sereni.

I ragazzi, nel crotonese, giravano da un falò all'altro e premiavano gli organizzatori delle focare con fichi, mele, olio, noci e miele forniti dai più ricchi del paese.

A Santa Sofia d’Epiro, nel cosentino, il grande falò della vigilia di Natale non viene spento ma viene lasciato estinguersi da sé consumandosi in un paio di giorni. E’costume prendere un tizzone dal fuoco di Natale e conservarlo nelle proprie cose. Si ritiene infatti che il tizzone abbia il potere di allontanare i fulmini dalle case e il maltempo, per questo, veniva esposto sul davanzale di una finestra all'avvicinarsi del temporale.

Alcuni falò, nel periodo natalizio, accompagnano anche il passaggio delle divinità. A San Marco Argentano (Cs), il giorno della vigilia dell’Immacolata, i giovani andavano a raccogliere le canne per il luminerio.  Veniva allestito uno scheletro a forma di albero e, subito dopo cena, tutta la famiglia usciva di casa e dava fuoco al proprio luminerio che, per tradizione, doveva necessariamente consumarsi tutto. Alcuni studiosi affermano che la tradizione dei "luminari" alla vigilia dell'Immacolata, derivi in realtà dall'accensione di fuochi per festeggiare il dogma dell'Immacolata Concezione, proclamato da Pio IX nel 1854.





  





Fonti:

http://www.fronti.it/index.htm

http://www.impressionimeridiane.com/





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