Le maschere apotropaiche
Presenti in molte culture, le maschere apotropaiche avevano per funzione magica l’allontanamento degli spiriti maligni. Nell’Italia meridionale l’abitudine antica di sistemare sull’architrave o sulla chiave di volta dell’arco, una maschera di pietra o di terracotta, si è tramandata per molto tempo e inizialmente faceva parte della civiltà contadina, che per antonomasia era custode di tradizioni uniche e radicate.
Per riuscire ad allontanare la malasorte (αποτρεπειν - apotrepein in greco antico), le maschere dovevano essere mostruose, in grado di spaventare gli spiriti maligni e tenerli distanti dall’abitazione.
L’iconografia delle maschere è molto varia, di solito sono rappresentazioni antropomorfiche più o meno paurose derivanti dai prototipi magno – greci :
Tuttavia, i modelli più diffusi sono facce demoniache con lingua di fuori e corna vistose pronte a scongiurare l’ingresso di energie negative.
Le forze ostili trovavano così una barriera, e la casa si fondava come spazio protetto, la cui soglia è interdetta. Qualora una di queste forze negative (streghe, spiriti errabondi) riusciva ad oltrepassare la soglia, incontrava, dunque, "ostacoli" apotropaici quali fili di scope, nodi intrecciati, coltelli con la lama rivolta in giù, rametti di palma e di ulivo benedetti.
A questo punto, le streghe, dovevano contare minuziosamente i fili della scopa o sciogliere nodi, impiegando così tutta la notte, tempo a loro disposizione per la possibile esplicazione dell'influsso malefico; mentre lo spirito veniva "tagliato" dal coltello, riconfermando la sua importanza nella strumentazione magico - folklorica.1
punti di accesso delle case come porte e balconi,
Anche Eolo, il Dio del vento, viene spesso posizionato davanti le porte per soffiare con la sua potenza, le brutte negatività.
Anche Eolo, il Dio del vento, viene spesso posizionato davanti le porte per soffiare con la sua potenza, le brutte negatività.
di queste decorazioni architettoniche oggi assolve quasi unicamente la funzione ornamentale,
Riferimenti:
1. LUIGI M. LOMBARDI SATRIANI, MARIANO MELIGRANA, Il ponte di San Giacomo, SELLERIO EDITORE PALERMO,1989
2. D. MUCCI MAGRINI, Quando i necci erano il pane , Pistoia 2002.
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